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POSSIBILI SIGNIFICATI DEI FAIRIES PRESSO LA TRADIZIONE CELTICA

Benvenuto colui che custodisce i tesori del passato: (da Stephen Lawhead).

Fin qui alcune ipotesi sul contatto fra umani e Fairies irlandesi e scozzesi Thomas: il viaggio iniziatico per la saggezza profetica come facevano gli antichi bardi. Bran: il viaggio dell’anima, prima di incarnarsi ancora nel paradiso celtico.

BRANO MUSICALE N°3

Dieci sono i diademi e nove i bracciali d’oro
dei condottieri del tempo andato
otto le virtù dei prìncipi
e sette i peccati per i quali l’anima è venduta
sei è la somma di terra e
cinque è il numero delle navi salpate

dalla fredda Atlantide perduta
quattro i sovrani delle terre d’occidente fuggiti
e tre sono i regni oggigiorno ammirati
due nell’amore e nel terrore uniti
a Liyonesse, nella città fortificata
uno è il mondo e uno Iddio
e una, la nascita che ai druidi
dalle stelle fu annunciata.

 

Oisin: il contatto forse con gli spiriti degli antenati nel paradiso celtico al fine di tramandare una tradizione.

Questo stato intermedio fra la vita e la morte, fra questo mondo e l’altro viene evidenziato in particolare da un ministro presbiteriano del 1700: il reverendo Kirk.

Egli scrisse un curioso trattato dal nome "The secret Commonwealth", che tradotto significa il Regno segreto.

Questo prete, chiamato anche il cappellano delle fate (Adelphi a cura di Mario Rossi, 1980), fu trovato morto nei pressi di una collina considerata tradizionalmente popolata dai Fairies.

Apparve in sogno, dopo la morte, ad un parente al quale spiegò di non essere realmente morto, bensì prigioniero dei folletti. Disse al parente che sarebbe apparso un certo giorno sulla poltrona dove egli (Kirk) era solito sedere.

Il parente avrebbe dovuto accoltellare l’immagine ed in tal modo Kirk si sarebbe liberato dall’incantesimo.

Pare che il giorno stabilito Kirk apparisse realmente, il parente, però, si spaventò talmente che si dimenticò di quel che doveva fare (usare il coltello) e così, secondo la leggenda, Kirk è ancora prigioniero dei folletti.

Kirk, comunque, ci ha lasciato il suo trattato sui Fairies. In tale saggio egli auspica che gli uomini riconoscano ufficialmente l’esistenza dei Fairies.

Se nei racconti tradizionali i Fairies sembrano spiriti guida, gli antichi dei, o gli spiriti degli antenati, se nei romanzi cavallereschi il mondo magico ha il fine, più che altro, di stupire, con Kirk si ha il tentativo di allontanare il mondo dei Fairies dall’idea che si tratti di stregoneria e si cerca invece di farli accettare semplicemente come un popolo nascosto.

A volte, egli li descrive, in base a testimonianze raccolte da persone dotate di quella che lui chiama, come entità che trovano un posto intermedio fra gli Angeli del bene e Angeli del male.

Angeli, quindi, che non presero parte alla ribellione di Satana.

Non erano però abbastanza buoni da stare con Dio, né talmente malvagi da essere cacciati all’inferno.

Un po’ come Adamo prima d’essere cacciato dal paradiso terrestre, sono al di là del bene e del male. Un ritorno all’origine.

Altre volte, Kirk li descrive come le anime dei morti o,

comunque, ci dice in qualche modo che le anime dei morti sono associate ai Fairies.

Ed entriamo qui in un problema teologico fondamentale del cattolicesimo: l’esistenza dell’anima dopo la morte e la resurrezione dei corpi. Come se un nuovo corpo occorresse per piena sopravvivenza dell’individuo.

Anche se il mito dei Fairies e le teorie cristiane non hanno nulla in comune, attraverso Kirk troviamo interessanti analogie.

Le anime disincarnate, in attesa della resurrezione, col loro semisonno popolato da sogni del passato e dell’avvenire, ricordano quella strana luce che rischiara il popolo fatato (dicevamo all’inizio "un chiarore che non è né notte né giorno"), ci riportano alla sua musica nostalgica o alla danza sfrenata sotto la luna, nell’attesa o, forse, nella paura di un’estinzione completa.

Gian Castello


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